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I CARA servono ad ospitare i richiedenti asilo
in attesa dell’esito della procedura di richiesta
della protezione internazionale.

10

CARA in Italia

35

giorni, periodo massimo di accoglienza

4079

posti letto

65850

ingressi nei CARA dal 2008

Centri accoglienza > I Centri di accoglienza per richiedenti asilo in Italia

I Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) sono stati istituiti nel 2002 con la denominazione di Centri di Identificazione (CDI) ed infine disciplinati dal Dpr. n. 303/2004 e dal D.Lgs. n. 25/2008, cui si deve l’attuale denominazione. Tali centri sono chiamati ad ospitare i richiedenti asilo ammessi, o comunque presenti, sul territorio nazionale in attesa dell’esito della procedura di richiesta della protezione internazionale.

In base alle disposizioni varate nel 2002 e nel 2004, i CDI hanno assunto il carattere di “centri aperti” da cui gli ospiti possono liberamente uscire durante le ore diurne ed assentarsi, previa autorizzazione del prefetto, per periodi più lunghi. Tale facoltà non era in origine concessa a tutte le categorie di richiedente asilo ed in ogni caso poteva essere esercitata solo nella misura in cui non apparisse incompatibile con l’ordinario svolgimento della procedura semplificata e previa comunicazione al direttore del centro. L’allontanamento non autorizzato dal centro comportava inoltre la perdita del diritto alla propria richiesta di protezione internazionale. Il richiedente asilo restava in sostanza assoggettato ad una forma di controllo esercitata tanto dall’autorità responsabile del centro che dalla polizia, le quali potevano a discrezione limitare la sua libertà di movimento.

Da ultimo, la riforma del 2008 ha inteso ridefinire alcuni dei tratti del sistema di accoglienza per richiedenti asilo tracciato tra 2002 e 2004, facendo assumere agli attuali CARA uno statuto più schiettamente umanitario. L’art. 20 comma 4 del menzionato decreto legislativo ha finalmente sancito per legge il carattere “aperto” di tali strutture, sottraendo l’esercizio della facoltà di uscita diurna dal centro alla discrezionalità dei responsabili della struttura. Esso demanda tuttavia ad un successivo decreto attuativo, chiamato in ogni caso a rispettare i criteri fissati dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea in materia di restrizione della libertà dei richiedenti asilo, la definizione dei caratteri e delle modalità di gestione dei CARA. A causa dell’avvicendarsi dei governi, tale regolamento non è stato tuttavia mai approvato, lasciando sostanzialmente in vigore le norme previste nel 2004 per il funzionamento degli allora CDI.

In base alla normativa esistente, all’ingresso del CARA lo straniero riceve un attestato nominativo che certifica il suo status di richiedente asilo e di ospite del centro, nonché un opuscolo che spiega l’organizzazione della vita all’interno della struttura. Egli è altresì informato del diritto di contattare l’UNHCR, della normativa in materia di visite e permanenza nel centro. Il periodo di “accoglienza” non dovrebbe eccedere i 35 giorni, oltre i quali il richiedente asilo dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno della durata di tre messi, rinnovabile di tre mesi in tre mesi fino alla definizione della richiesta di asilo. Di fatto, a causa dei ritardi delle Commissioni territoriali nella definizione delle domande di protezione internazionale ricevute, i tempi di permanenza superano in genere i sei mesi.

I CARA attualmente operativi sono 10, alcuni dei quali svolgono anche la funzione di CDA. Ciò rende il conteggio dei posti totali disponibili difficile da effettuare, dato che l’effettiva disponibilità di posti dedicati ai richiedenti asilo è soggetta a variazioni nei centri “ibridi”. Nel complesso i posti disponibili per i richiedenti asilo in Italia sono 4.079. La storia dei centri per richiedenti asilo è strettamente legata a quella dei CDA situati nei pressi delle frontiere meridionali d’Italia. Sin dalle sue origini, il sistema di detenzione per richiedenti asilo è stato concepito come una propaggine del sistema di accoglienza per gli immigrati sbarcati sulle coste meridionali, tanto che alcuni CDA avevano cominciato ad operare come centro per richiedenti asilo sin dal 2002, in assenza di qualsiasi previsione legislativa e secondo un regime detentivo molto stringente. Tale prossimità tra CARA e CDA perdura tutt’oggi, anche perché a causa del limitato numero di posti disponibili nei primi i richiedenti asilo transitati da un CDA sono sovente ospitati alla bisogna presso altri CDA o, peggio, nei CIE, con un significativo peggioramento delle loro condizioni di accoglienza.

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