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I CIE servono a trattenere in stato di detenzione
gli stranieri destinati all'espulsione in attesa dell’esecuzione del provvedimento di allontanamento

11

CIE in tutta Italia

18

mesi periodo massimo di detenzione

1791

posti letto disponibili

54767

ingressi nei CIE dal 2008

 

Centri detenzione > I Centri di identificazione ed espulsione

I Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), sono strutture detentive create nel 1998 dalla legge “Turco-Napolitano” e denominate originariamente Centri di Permanenza Temporanea (CPT), il cui scopo è di “trattenere” gli stranieri destinati all'espulsione in attesa dell’esecuzione di tale provvedimento. All’interno dei CIE lo straniero subisce dunque una privazione della libertà personale senza aver violato la legge penale, per ragioni direttamente connesse con l’amministrazione delle politiche migratorie. Tali centri hanno subito diverse trasformazioni a partire dal 2002, fino a giungere alle ultime riforme dettate dal recepimento nell’ordinamento italiano delle disposizioni della Direttiva 2008/115/CE detta “Direttiva ritorno”.

Alla luce delle più recenti riforme del 2009 e 2011, i CIE sono strutture detentive in cui l’immigrato irregolare in attesa di espulsione può essere trattenuto fino a 18 mesi. Anche se è adesso prevista la possibilità di adottare misure di controllo alternative, come l’obbligo di consegna dei documenti, l’obbligo di firma o l’obbligo di dimora, i requisiti di affidabilità sociale che lo straniero deve possedere per poter accedere ad una delle misure non-detentive sono tali e tanti (possesso di documenti, di adeguate fonti di reddito, di un domicilio o una dimora fissa, non essere considerato socialmente pericoloso, ecc.) che la detenzione finisce per essere ancora la misura più ricorrente.

I CIE (all’epoca CPT) hanno chiaramente assunto i tratti di centri chiusi sin dalla loro istituzione, tanto che la medesima legge Turco-Napolitano ed il suo regolamento attuativo, pur affermando che «la detenzione deve avvenire nel rispetto della dignità dello straniero» e che a quest’ultimo è comunque assicurata «la garanzia dei contatti, anche telefonici, con l’esterno», stabilivano l’assoluto divieto di allontanarsi da tali centri ed affidavano alla polizia la responsabilità in materia di sorveglianza e sicurezza interna. La discrezionalità concessa all’autorità di pubblica sicurezza nella gestione dei CPT è stata limitata dall’approvazione di una serie di norme regolamentari e di direttive ministeriali che hanno precisato il regime detentivo e gli standard gestionali di tali strutture.

A seguito della chiusura definitiva dei centri di Modena e Lamezia Terme, i CIE attualmente operativi in Italia sono 11 per un totale di 1.791 posti letto teorici (cfr. Senato della Repubblica, Rapporto sui Centri di Identificazione ed Espulsione in Italia, Roma 2014, p. 14). Tali centri sono sparsi in maniera uniforme sul territorio: alcuni di essi si trovano nei pressi di grandi agglomerati urbani in strutture appositamente create per ospitare cittadini stranieri, mentre altri sono situati in complessi poli-funzionali, sovente accanto a CDA e CARA (è il caso dei CIE di Crotone e Brindisi). Come illustrava un documento programmatico del Ministero dell’Interno, la capacità effettiva degli allora 13 CIE si assestava nel febbraio 2013 sui 1.190 posti (Ministero dell’Interno, Documento programmatico sui Centri di Identificazione ed Espulsione, Roma 2013, p. 11); ciò a causa dei continui lavori di ristrutturazione resi necessari dai danneggiamenti che le strutture avevano subito nel corso di alcune delle numerose rivolte scoppiate al loro interno. Il già menzionato rapporto del Senato della Repubblica riferisce di una ulteriore riduzione dei posti effettivamente disponibili, che al luglio 2014 risultavano essere 849.

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